Il concorso fotografico “Il bello del cantiere” nasce da un progetto condiviso con ESEM-CPT Ente Unificato Formazione e Sicurezza e rientra tra le iniziative sviluppate all’interno della celebrazione del 100° anniversario della nostra Cassa Edile.

Spesso, nell’immaginario collettivo, vengono associati al cantiere concetti di rischio e di pericolo; lo scopo del concorso è stato mostrare il cantiere sotto un’altra luce: si tratta del luogo dove nascono e prendono vita progetti urbanistici che rendono il contesto in cui viviamo migliore.

In particolare, le fotografie dei nostri lavoratori e delle nostre lavoratrici ci hanno testimoniato la meraviglia del loro luogo di lavoro.

La prima edizione del concorso, aperta ai lavoratori iscritti in Cassa Edile nel periodo ottobre 2018 – settembre 2019 ed ai familiari previsti, ovvero coniuge o figlio/a, ha visto l’aggiudicazione del seguente podio:

Primi tre classificati

1° classificato: Francesca Brambilla con la foto intitolata “Arte in cantiere

2° classificato: Graziano Brambati con la foto intitolata “Thunderstorm

3° classificato: Cristi Florin Ungureanu con la foto intitolata “Mangia

Oltre ai primi 3 classificati sono state attribuite 9 menzioni speciali (raffigurate nell’immagine in alto) ad altrettanti concorrenti che si sono distinti grazie alla creatività dei loro scatti fotografici.

Menzioni speciali

1) Menzione speciale: PAESAGGI URBANI
Foto: “Bagliore tra le nubi
Fotografo: COSIMO DAMIANO CAPPELLARI

2) Menzione speciale: GEOMETRIE
Foto: “Passione ruotante
Fotografo: FERNANDO ANTONIO COLASURDO

3) Menzione speciale: ORIGINALITA’
Foto: “Sottosservazione
Fotografo: LUCA BASSETTO

4) Menzione speciale: ISTANTANEA
Foto: “Pausa pranzo vintage
Fotografo: IVAN ROTA

5) Menzione speciale: PAESAGGIO DI CANTIERE
Foto: “Wheel barrow
Fotografo: ERVINO RENON

6) Menzione speciale: MIGLIOR AUTORE
Foto: “Lavoro + street art, Incroci ravvicinati, Il nonno ci osserva sempre
Fotografo: DANIELE CERIOTTI

7) Menzione speciale: SALVAGUARDIA PATRIMONIO ARTISTICO
Foto: “Luci e ombre
Fotografo: VALERIA GALIZZI

8) Menzione speciale: MILANO DA BERE
Foto: “Un’esclusiva prospettiva
Fotografo: ELENA SCISCIOLI

9) Menzione speciale: FOTO IN NOTTURNA
Foto: “La vita di un operaio
Fotografo: ANTHONY RODRIGUEZ

In particolare, il lavoratore Daniele Ceriotti, già vincitore della menzione speciale “Miglior autore”, ha vinto il concorso Facebook con la foto “Lavoro + street art” totalizzando 1.006 Like.

Per celebrare la ricorrenza del centesimo anno dalla fondazione, la nostra Cassa ha realizzato una mostra fotografica storica dal titolo “100 anni in cantiere per voi” allestita temporaneamente in occasione dell’evento “Costruire il futuro da protagonisti. Dai 100 anni di storia della Cassa Edile di Milano verso una nuova visione della bilateralità”, svoltosi il 28-29-30 Novembre u.s. presso la sala convegni “Spazio Event” di Comunità Nuova Cooperativa Sociale di Don Gino Rigoldi, ed esposta permanentemente presso l’ingresso della sede principale di Via San Luca, 6 a Milano.

L’esposizione, composta in totale da 13 pannelli, ripercorre la storia del nostro Ente, dalla nascita fino ai giorni nostri, con uno sguardo al futuro.

Ad ogni pannello, dedicato ad una fase storica significativa per la vita della Cassa, è stato associato un valore, espressione della sua identità.

La mostra, insieme al concorso fotografico rivolto ai lavoratori “Il bello del cantiere”, è una delle iniziative sviluppate per il festeggiamento dello storico traguardo raggiunto.

 

[…]

La contrattazione collettiva che regola il lavoro di questo settore è sempre stata anticipatrice in due direzioni:

la prima, anzitutto, è sempre stata una forma di relazione continuativa, stabile, […] basata su legami di fiducia reciproca, di lealtà, certo c’è stato anche il conflitto […] però, guardate che questo non si verifica nella generalità delle realtà italiane. Purtroppo abbiamo avuto delle relazioni sindacali difficili in molta parte della nostra storia che non hanno permesso di costruire nel tempo rapporti stabili. Invece, soprattutto adesso, […] io credo che l’insegnamento della storia della contrattazione collettiva di questo settore sia fondamentale.

Per fare delle cose positive in un mondo complicato non si può improvvisare […] è fondamentale costruire nel tempo una serie di relazioni stabili, possibilmente collaborative, pur con qualche confronto.

Non è così nelle altre categorie che hanno storie spezzettate, turbolente, molto conflittuali. Però, adesso, se guardiamo in avanti, il futuro dell’economia, delle tecnologie sarà complicato. […] Con le difficoltà che ci sono, con le pressioni competitive, o noi veramente costruiamo le cose insieme, facciamo un investimento collaborativo o altrimenti è male per tutti. Questo è il primo insegnamento, pur con le varianti del caso.

Seconda [direzione]. Sempre sulla contrattazione. […]. Voi avete sempre avuto una contrattazione territoriale. Anche questa è un’eccezione. L’Italia ha, come altri Paesi, una contrattazione su due livelli: nazionale e aziendale, con una difficoltà di coordinamento. La contrattazione nazionale dà delle regole comuni a tutto il settore e la contrattazione aziendale cerca di specificare, di dare soluzioni vicine alla realtà. Beh, nel vostro settore c’è sempre stata. […]. Il vostro è stato un sistema con la contrattazione provinciale fondamentale. È chiaro perché voi avete una realtà produttiva nobile, piccola, spesso frammentata; quindi avere una base territoriale è essenziale. Oltre tutto permette – anche questa è una novità – di legare le cose che si fanno nelle aziende, nei cantieri con la realtà territoriale. Guardate che noi in Italia, in generale, non ci siamo ancora su questo. […] In Italia ci sono 4 milioni di imprese, il 95% sono piccole o piccolissime, anche in settori diversi dal vostro. Con la contrattazione aziendale non li prendiamo tutti. Infatti, se guardiamo i dati, siamo sul 30%, sul 20%, dipende dal settore. Se vogliamo che il modo di regolare le condizioni di lavoro collettive raggiunga tutti, l’unica via è la contrattazione territoriale. […] Secondo me voi l’avete sempre usata, l’avete rinnovata … attenzione una contrattazione provinciale territoriale coordinata dal livello nazionale. Non è che ognuno fa per sé. […] Anche qui il coordinamento nel sistema italiano non ha sempre funzionato molto bene […]. Altro insegnamento.

[…]

La seconda area su cui avete una storia importante, veramente eccezionale, è il welfare. Non solo perché nelle origini voi siete stati degli anticipatori; cioè, le varie assicurazioni sui rischi e sui bisogni sociali non sono venute dallo Stato. Sono venute dal sistema mutualistico, non solo nel vostro settore, anche in altri; però nel vostro settore abbiamo visto il tema della disoccupazione, della malattia, dell’infortunio. Si tratta, quindi, di un’anticipazione storica.

Adesso tutti hanno scoperto il welfare aziendale, integrativo. Si è visto che il welfare pubblico, fondamentale perché dà la copertura ai bisogni essenziali, va integrato perché ci sono bisogni nuovi, molto personalizzati e il sistema pubblico non raggiunge tutti.

[…]

Dalle ultime indagini svolte al CNEL con la collaborazione del Ministero del Lavoro è emerso che su 40.000 circa contratti aziendali che censiamo, 7-8.000 si occupano di welfare aziendale, cioè di integrare il welfare pubblico con vari benefici che possono spaziare da aiuti alla famiglia per l’educazione, alla mobilità collettiva, all’integrazione della sanità, della pensione, eccetera.

Questa è una cosa che è diventata molto comune. È una frontiera del futuro e voi l’avevate cominciata da tempo e adesso tutti la stanno seguendo.

Problema e concludo […].

Le Casse sono diventate un agente anche di servizio pubblico: il controllo del DURC, il controllo della legalità e un centro di servizi: di formazione (ad esempio). Anche di servizi burocratici. Troppi. Troppa burocrazia ovunque, anche da voi. Il futuro anche del sindacato come gestisce il bisogno di servizi? Questo mondo complicato fa sì che tutti i diritti scritti nelle leggi non servono se non vi hai l’accesso. […] L’accesso ai diritti si ha attraverso dei servizi che ti vengono resi […] da centri di servizi e voi siete un centro di servizi.

Perché problema. Qual è l’equilibrio tra un centro di servizi, un attore del welfare, uno strumento di contrattazione. Questo è un dibattito che vedo anche in altri settori sindacali. Se esagerate coi servizi, con la burocrazia, rischiate di perdere il filo? Il futuro ha bisogno di servizi? Ha bisogno di welfare? Voi siete una parte. Interrogatevi come su come svolgere questa funzione in futuro.

La bilateralità può considerarsi, a tutti gli effetti, una prassi, un valore in nome del quale le Parti Sociali individuano e concordano i temi che ritengono di comune interesse e per le quali trovano opportuno, oltre che vantaggioso, operare congiuntamente. E, se la bilateralità è progettazione condivisa, regolazione del confronto, che si sostanzia in servizi e prestazioni, in uno spazio comune di azione che non esclude la naturale dialettica tra le parti, allora vanno anche respinte tutte le banalizzazioni, da parte di chi vorrebbe rappresentare gli enti come meri erogatori di semplici servizi o, ancora più grave, come un costo elevato e svantaggioso per le imprese.

In edilizia, la bilateralità è un’esperienza centenaria, come attesta l’anniversario della costituzione della prima Cassa edile a Milano nel 1919. Allora prevaleva la logica mutualistica. Poi, con il tempo, si è trasformata e si è arricchita di nuove funzioni. Il sistema si è andato articolando fino a ottenere, negli ultimi anni, il riconoscimento da parte del legislatore su fronti nevralgici, come quello della sicurezza, della regolarità contributiva e del lavoro. Un riconoscimento di certificazione della legalità. Ed è proprio su questo punto che ritengo vi siano ampi spazi a disposizione. Penso al tema della congruità, che può costituire, forti dell’esperienza nell’area che nel 2016 fu colpita dal sisma, un passo avanti decisivo sul piano della regolarità e della trasparenza, ma anche uno strumento di lotta all’irregolarità competitiva. Viviamo una fase storica caratterizzata dal forte indebolimento del valore del lavoro, complice la profonda crisi che si riflette sul piano dei livelli occupazionali, in un sempre elevato rischio d’illegalità e, soprattutto, in una carenza e in un peggioramento della situazione per quanto riguarda le tutele dei lavoratori. […]

Oggi il nostro sistema bilaterale paritetico, con la sua importante storia e alla luce delle recenti novità contrattuali, grazie alle quali sono state stabilite le soluzioni necessarie a mettere in sicurezza il sistema e a rilanciarlo verso le grandi trasformazioni che stanno caratterizzando il mercato edile, può proseguire e migliorare l’impegno e i servizi a favore delle imprese e dei lavoratori. […] Ora viene la parte più difficile d’affrontare, quella che potremmo definire della responsabilità, vale a dire, la gestione e l’attuazione degli accordi.

Gli obiettivi sono chiari: garantire un’occupazione regolare e di qualità; favorire una sempre migliore interazione tra domanda e offerta di lavoro; utilizzare competenze, norme e strumenti per poter certificare la regolarità e la qualità del lavoro edile. È compito delle Parti Sociali garantire condizioni di lavoro migliori e una gestione dei cantieri in grado di facilitare l’organizzazione produttiva delle imprese, porsi delle domande, come, ad esempio, quella di quale formazione e di quale ruolo debba avere il nostro sistema rispetto al tema delle competenze. […]

In Europa siamo un punto di riferimento sullo sviluppo del modello bilaterale, soprattutto perché ci è riconosciuta la capacità di dialogo e di confronto su temi d’interesse comune, che oggi devono trovare modalità di integrazione nell’ambito del mercato del lavoro europeo. Un dialogo che nasce dalla necessità di disporre, e quindi di realizzare, un adeguato quadro legislativo europeo. […]

Un tema centrale, che riguarda il mercato italiano e quello europeo, è il dumping sociale e contrattuale […] sul quale siamo tutti impegnati per garantire ai lavoratori europei il principio della libera circolazione ed anche un reale distacco, capace di assicurare, pari tutele normative e salari nei diversi Stati. È importante dare risposte per il semplice motivo che i lavoratori distaccati in Europa nel 2016 sono stati oltre 2 milioni, il 41,6% dei quali avvenuti nel settore delle costruzioni, ma, soprattutto, perché sappiamo bene che dietro questa realtà del mercato del lavoro europeo si celano imprese senza scrupoli che fanno dumping, falsi lavoratori autonomi, ma anche società fittizie, create in Paesi di comodo per distaccare i lavoratori in altre realtà senza una retribuzione adeguata e protezione sociale.

Su questo fronte l’impegno della CNCE e degli altri sistemi europei gemelli per lo sviluppo di buone pratiche parte da lontano.

Le convenzioni bilaterali sottoscritte dalla CNCE con SOKA-BAU per la Germania, BUAK per l’Austria e UCF per la Francia, nascono tutte da una metodologia di confronto che è partita non solo dall’esigenza di tutelare le imprese del proprio Paese, che distaccano lavoratori presso altre Nazioni, ma per quella di confrontare in particolare l’omogeneità contrattuale e del costo del lavoro esistente tra i vari Paesi. […] Vorremmo rilevare che non si è trattato unicamente di un’intesa tecnica, ma la firma della convenzione è un atto politico sottoscritto dalle Parti Sociali, attraverso la CNCE nel nostro Paese, assecondando una linea delle Federazioni italiane e Federazioni sindacali Europee, la FIEC e FETBB, che hanno sempre sostenuto il confronto, il dialogo sociale e la possibilità che anche attraverso gli enti bilaterali fosse possibile intessere una rete di rapporti nel mondo delle costruzioni nei vari Paesi Europei. Oggi questa rete è un pezzo di Europa, che ha in comune un osservatorio sulla mobilità dei lavoratori, l’esigenza di darsi norme reciproche sul distacco e un terreno omogeneo di tutele contrattuali, di norme legislative, di copertura dello stato sociale per i lavoratori. […]

Invitiamo le Parti Sociali ad una riflessione ponendo questa domanda: perché non provare a immaginare la creazione di una Tessera Professionale delle Costruzioni Europea? Una carta identificativa per consentire il riconoscimento professionale del lavoratore, le sue competenze e il suo curriculum. Superare persino l’annoso problema del riconoscimento dei crediti per i corsi svolti in altro Paese. Un tema, quest’ultimo, che potrebbe essere combattuto grazie a questo strumento, per arrivare a dare un importante impulso all’apprendistato formativo sul suolo europeo.

Il nostro sistema bilaterale ha dimostrato come la regolarità, la sicurezza e la formazione siano le chiavi per un’innovazione di qualità. È lo stesso mercato che richiede un nostro intervento, volto a portare la qualità al di sopra dell’economicità di un lavoro. L’idea della Tessera unica nell’edilizia svilupperebbe il settore proprio in questo senso, permettendo che le nostre professionalità […] apportino sul campo internazionale le competenze utili a una sua gestione responsabile. […]

Si tratta di capire se una semplice idea può diventare il presupposto per lavorare tutti quanti insieme verso il cambiamento d’immagine del settore, avvalorando l’edilizia come una realtà professionale valida, pure perché oggi, più che mai, l’innovazione tecnologica fa del cantiere un luogo di produzione complesso. […]

[…]
Oggi nel nostro sistema, rappresentato da 115 Casse edili, si riconoscono 165.000 imprese e oltre 600.000 lavoratori.

Un sistema che in dieci anni – anni difficilissimi per imprese e lavoratori così come per le loro famiglie – ha fornito prestazioni sanitarie per 285 milioni e prestazioni sociali per 332 milioni.

Dal 2008 al 2018, periodo massimo della crisi, attraverso le nostre Casse abbiamo contribuito concretamente a fornire integrazioni di reddito ai lavoratori attraverso il meccanismo dell’APE e, a partire dal 2014, per il tramite del Fondo nazionale dedicato FNAPE, per un valore complessivo di 3 miliardi.

E ancora abbiamo rimborsato alle imprese contributi per malattie e infortuni per 645 milioni.

Che cosa sarebbe successo se non ci fosse un valido sistema bilaterale?

[…] il dato recentemente comunicato di una spesa sociale aumentata in dieci anni del 58% sarebbe stato ben più elevato, contribuendo ad aggravare di molto i già precari equilibri finanziari del nostro Paese.

Egualmente ritengo che si debba con forza rivendicare il ruolo della bilateralità a difesa della regolarità e della sicurezza.

Non solo attraverso la gestione del DURC ma anche come perimetro virtuoso nella riduzione dei rischi di infortunio, come dimostrano i dati rilevati dalla banca dati CNCE-EDILCARD: l’incidenza di infortuni nel 2017, su un campione di circa 209.000 operai iscritti al nostro sistema, è pari a 0,054 contro il dato INAIL del 2,508.

*****

[…]
L’importanza che nel nostro settore rivestono gli operai e i lavoratori impone di prestare la massima attenzione a quanto sta avvenendo intorno a noi e all’interno del mercato, sapendo cogliere i profondi cambiamenti in atto. Il recente contratto risponde a questa esigenza e pone le basi per un percorso che è solo all’inizio.

[…]

Il risultato è la nascita del fondo sanitario nazionale così come la nascita dei fondi a sostegno dei lavoratori prossimi alla pensione e di incentivazione all’occupazione per un forte ricambio generazionale nel segno delle nuove competenze.
Con il fondo sanitario nazionale viene amplificata la tradizionale offerta di prestazioni, garantita attraverso le Casse edili territoriali, inserendole in qualcosa di più ampio e a dimensione nazionale, adeguando il tradizionale metodo mutualistico alle nuove esigenze di disporre di una copertura sanitaria attenta alla salute complessiva del lavoratore.
Ora ci aspettano giorni di forte impegno affinché dalle dichiarazioni di principio, dalla fase di impostazione si giunga rapidamente a rendere operativi i nuovi strumenti.

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L’edilizia sta cambiando e lo fa sempre più rapidamente.

[…]

Anche la bilateralità deve cambiare.

[…]

Dobbiamo saper cavalcare la grande occasione che ci viene offerta dalla trasformazione digitale e dalla forte domanda green e di sostenibilità.
È intorno a questi due nuovi paradigmi che si gioca anche la nostra sfida con il futuro.
Dobbiamo saper indicare alle nostre imprese e ai nostri operai quali percorsi, in quale modo restare competitive le prime e di quali competenze si debbono dotare i secondi. E lo dobbiamo fare utilizzando le risorse che abbiamo e rinnovando il modo con cui progettiamo e gestiamo la formazione negli enti scuola.

[…]

Dobbiamo riportare quella qualificazione e quella professionalità, che oggi vengono messe in discussione a causa di una dequalificazione determinata dalle caratteristiche che il mercato ha assunto negli ultimi venti anni, prima con l’affermarsi di un boom finanziario ed economico e poi per effetto di una crisi devastante.

È compito delle imprese fare gli investimenti necessari, così come è compito del contratto sostenere il processo di qualificazione degli operai.
E come CNCE registriamo il rischio di una fuga dal contratto edile e l’affermarsi di forme di dumping contrattuale che richiedono interventi nuovi di regolazione dell’intera filiera.

[…]

Tra i compiti assegnati alla CNCE dalle Parti Sociali, attraverso la contrattazione collettiva vi è quello di predisporre un Osservatorio sul settore, così da offrire alcuni indicatori dinamici in grado di fare alcune valutazioni sullo stato di salute del settore, sulla struttura occupazionale e sull’andamento dell’offerta rappresentata dal tessuto delle imprese.
Ebbene sulla base dei dati raccolti presso tutte le 115 Casse edili del sistema emerge come l’attività edilizia stia registrando mediamente un andamento leggermente positivo.
Tra l’ottobre 2018 e il settembre 2019, rispetto allo stesso periodo precedente (ottobre 2017 – settembre 2018) il numero delle ore lavorate è cresciuto mediamente a livello nazionale del 4,14%. Siamo passati da 547 milioni e 383 mila ore a oltre 570 milioni.
È cresciuta di oltre il 4% anche la massa salari, così come risulta aumentato del 2,5% il numero degli operai attivi.
Segnali positivi che, tuttavia, non riguardano tutte le regioni italiane, persistendo un divario tra le regioni del centro nord e quelle del centro sud, risultando negativi gli andamenti relativi a regioni del Mezzogiorno come l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria e la Sicilia.
Numeri che per quanto riguarda la maggior parte di territori attestano come, nonostante le forti criticità sul piano sia degli investimenti pubblici sia della capacità di spesa delle amministrazioni, il mercato presenti una sua dinamicità.
L’auspicio è che questa propensione possa trovare un adeguato sostegno in una sburocratizzazione del sistema pubblico, sapendo utilizzare rapidamente e al meglio le risorse finanziarie disponibili, dando quel contributo decisivo a dare stabilità alla crescita.
È in questo scenario che noi ci troviamo oggi ad operare: difficoltà a ripartire ma anche potenzialità ed opportunità che ci impongono di intraprendere un percorso di adeguamento del nostro sistema ai mutamenti del mercato mettendoci tutti insieme in discussione.

[…]

Le novità inserite nel contratto, la spinta a riformarci richiede da parte di un ente di coordinamento come il nostro di svolgere il ruolo di cerniera di trasmissione tra le Parti Sociali e le Casse, presenze indispensabili a livello territoriale.

[…]

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[…]

Oggi come ieri, chi rappresenta le Parti Sociali al tavolo della bilateralità deve avere visione, lungimiranza e coraggio, senza personalismi e faziosità, nell’interesse di imprese e lavoratori.

Come Parti Sociali è nostro compito orientare e indirizzare il settore delle costruzioni nel segno della regolarità, della qualità e della specializzazione, restituendo valore e autorevolezza all’arte del costruire.

Non deludiamo le nuove generazioni dell’industria che rappresentiamo.

Il futuro dipende da ciò che facciamo oggi.

Grazie a tutti e buon lavoro.

Obiettivo dell’indagine

L’abitare è al centro degli interessi della società e del cittadino consumatore: che cosa vuole il mercato pubblico? Quali sono i bisogni, i desideri, i sogni?

Caratteristiche della ricerca

Sviluppo di una ricerca basata su un campione di oltre 3.000 casi a livello nazionale con un sovra campionamento sulla zona dell’area di Milano, Lodi, Monza e Brianza di 1.000 casi al fine di ottenere il confronto tra il dato della zona di riferimento e il dato nazionale.

Primi risultati dell’indagine

La soddisfazione verso la propria casa è molto alta: il voto medio per Milano, Lodi, Monza e Brianza è pari a 7,7 su una scala da 1:10.

Questo dato ci dice (e non era così in passato) che la casa è il punto di riferimento di qualità della propria soddisfazione di vita.

A livello nazionale questo dato cresce ancora e si attesta su una media dell’8.

Il fatto che ci sia questa soddisfazione così elevata verso l’abitare, cosa che non riguarda molte altre aree di consumo e di servizio, vuol dire che è un mercato pronto e maturo a intercettare proposte anche di innovazione e cambiamento.

Il dato più interessante per capire la mobilità intorno alla casa è la propensione al cambiamento.

Nonostante la soddisfazione molto alta, il 60% in questa zona (contro il 44,5% del dato nazionale), potendo, in certe condizioni, cambierebbe casa.

Mentre una volta il cambiamento era legato all’andarsene via, oggi, il cambiamento, molto spesso, è legato ad un miglioramento della casa, restando sempre in una determinata area.

Secondo una ricerca svolta alla fine degli anni 90, il 40% dei Milanesi voleva lasciare la città per trasferirsi in campagna, all’estero. Questa percentuale si è ridotta moltissimo. D’altra parte Milano è un forte attrattore per i Milanesi stessi in questa fase storica. Chi vorrebbe e potrebbe cambiare casa in realtà vuole restare nello stesso Comune (41% nelle tre province lombarde e il 44% a livello nazionale): ciò comporta, in realtà, un miglioramento nel contesto di riferimento; non è una fuga, non è un elemento radicale di trasformazione sociale ma è un elemento di continuità.

In passato, inoltre, il cambiare era legato alla necessità di avere maggiori spazi. Il miglioramento della dimensione fisica della casa era il cuore della domanda.

Ora le cose non stanno più così.

Non c’entra più il prestigio o la dimensione prospettica della casa o l’immagine sociale della casa stessa. Il tema è: si fanno più cose, che devono essere ospitate, bisogna stare più comodi, bisogna razionalizzare il tempo e le attività. Questo implica una ridefinizione di prospettive, di attività, di progettazione che riguarda anche i materiali, i tagli degli appartamenti.

Il miglioramento dell’abitare si lega soprattutto a questi elementi di funzionalità e di servizi articolati.

Chi non vuole cambiare casa?

Il 39%, a complemento del 60% sopra indicato: è un dato relativamente basso contro il 55% del nazionale.

Ovviamente la componente economica è importante, pesa il 10%. Tuttavia, l’elemento interessante da osservare è che gli aspetti strutturali economici pesano in questa quota assai meno del fatto che la casa piaccia già così com’è (lo afferma il 56% dei lombardi contro il 68% del campione nazionale).

Cambiando casa che cosa si cerca. Il nuovo o la casa da ristrutturare. La dimensione del nuovo prevale nettamente, oltre 50%, e rappresenta una novità rispetto alle precedenti ricerche. Prima non c’era molta attenzione all’edificio nuovo, con contenuti e tecnologie nuove.

L’attenzione al nuovo, ai nuovi layout, alle nuove tecniche costruttive è il punto su cui c’è forte attenzione da parte del mercato pubblico.

L’elemento altrettanto nuovo è il contesto, ovvero la presenza di servizi, il verde pubblico vicino e accessibile, la sicurezza, i mezzi di trasporto e le relazioni sociali con la famiglia. Questa è una novità assoluta. Il contesto della casa: la casa non è più organizzata da sola ma diviene un aspetto quasi interno dell’abitare stesso.

La correlazione servizi-verde-funzioni di mobilità è il cuore fondamentale di questa domanda.

Tutta una serie di elementi molto forti in passato (i box, i parcheggi, ecc.) contano ma sono meno importanti rispetto a questi elementi legati a quello che oggi potremmo chiamare convenzionalmente “ambiente sostenibile”.

La casa sognata.

La prima macro dimensione è la funzionalità che tocca quasi ¼ del campione: distribuzione dei locali, i tagli – su cui c’è molta attenzione da parte del mercato pubblico – l’arredamento, l’organizzazione degli spazi, gli spazi aggiuntivi (il 2° bagno ormai è fondamentale per tutti), il dialogo fra gli spazi (es. cucina- soggiorno). In generale la casa deve essere un’intersezione di funzioni e di servizi che portano a un tutt’uno.

La seconda macro dimensione è l’ambiente che è una prosecuzione della casa: da qui la centralità dei balconi, dei giardini, come elementi organizzatori degli spazi.

Il verde vissuto come un luogo d’abitare che prosegue fuori ma che deve cominciare all’interno della casa.

C’è molta attenzione a tutto ciò che è il contenuto di servizio, di funzionalità estetica della casa, all’arredo, alla qualità dei materiali (grande novità), alla personalizzazione della casa. La casa della casa. La casa “poliedrica” perché può contenere soluzioni attraverso questa declinazione dei servizi e degli ambienti differenziante anche come rappresentazione sociale rispetto agli individui.

La casa del verde. La casa che guarda all’esterno. Se una volta la casa era tutta auto-riferita adesso è aperta.

Se dovessimo stilare una classifica dei requisiti molto importanti per costruire una casa avremmo: la funzionalità, il rapporto qualità/prezzo (che non è al primo posto), la presenza di balconi/terrazzi, basse spese di gestione (un tema di efficienza nella gestione della casa che si lega anche alla centralità energetica), il giardino, ecc.

Le tecnologie di cui tanto si parla non sono vissute come un elemento centrale della casa. Si dà per certo che un peso di tecnologia ci sia già come commodity nella casa ma non è un elemento di caratterizzazione funzionale della casa. Questo è un tema che rientra nella mobilità. La tecnologia digitale come uso di tempo vissuta fuori dalla casa e la casa, semmai, è considerata un touch finale.

In precedenza la casa veniva percepita come un bunker: la casa isolava da tutto il resto che nella psicologia collettiva veniva visto come un resto negativo e difficile.

In pochi anni siamo passati all’abitare aperto. La casa che si apre verso l’esterno. La casa poliedrica ospita diverse funzioni e diverse attività che sono costitutive dell’abitare. L’abitare è un’attività, un’operatività che l’individuo fa all’interno della casa. Non è un rapporto passivo rispetto ad un luogo che prima doveva solo ospitare e adesso deve stimolare.

È una trasformazione antropologica gigantesca dalla casa bunker alla casa aperta. Significa tutto un modo diverso di intendere la casa come pezzo aperto dentro la città che interagisce con gli spazi esterni.

La casa dei sogni. Due grandi dimensioni. La prima è la luce che è l’elemento ambientale più importante perché segna il rapporto tra l’abitare e l’esterno.

L’aspetto sostenibile diventa importante: meglio la luce naturale che entra (balconi, terrazzi, vetrate ampie) e spazi che si aprono in modo da poter ricevere tutta questa alimentazione.

La seconda dimensione è rappresentata dal silenzio; la silenziosità è un punto fondamentale. Il tema del silenzio collegato al tema della luce è il paradigma di cui qualsiasi progetto deve tenere conto.

Dove vorrebbe vivere la gente. La casa ideale.

Il 49% vorrebbe vivere in una villetta (non a schiera) e il 27% in piccoli condomini.

In passato, la villetta singola era preferita solo dal 31% per la sua scarsa sicurezza. Oggi il tema ambientale di correlazione con l’esterno, fa sì che la villetta divenga protagonista. Il desiderio di autonomia che supera quella fase di paura è il dato più importante.

Dai muri alle soglie: devono sfumare i confini verso l’esterno, le finestre sono più ampie, c’è trasparenza e le finestre devono diventare soglie verso l’esterno.

Abitare come il cuore di una realtà che si contrasta con la distopia della metropoli diffusa e opprimente che ci potrebbe accompagnare.

Slides presentate durante il convegno “Costruire il futuro da protagonisti. Dai 100 anni di storia della Cassa Edile verso una nuova visione della bilateralità” del 29 Novembre 2019

Rapporto finale della ricerca “Vivere e abitare in futuro: verso la casa poliedrica

Marco Dettori, Presidente Assimpredil Ance

100 anni fa a Milano nasceva la prima Cassa Edile italiana e partiva una grande storia di innovazione nel welfare aziendale, nella creazione di un modello di bilateralità che si è poi esteso a tutta l’edilizia. Un modello che ancora oggi possiamo con orgoglio dire che sia unico nel contesto dei settori economici del Paese. È la storia di un settore che ha creduto fattibile uno sviluppo sostenibile, con la dignità del lavoro come valore della sua crescita. Oggi il settore è chiamato a nuove e sempre più difficili sfide di mercato e la Cassa Edile è strumento imprescindibile nel contrasto all’elusione del contratto, all’illegalità e al ridare dignità al lavoro delle imprese e dei lavoratori, garantendo il mantenimento di un moderno e qualitativo sistema di assistenza.

I tre Segretari Generali delle Organizzazioni sindacali

COME UNA QUERCIA, SECOLARE

I primi 100 anni della Cassa Edile di Milano, Lodi, Monza e Brianza

Questa è l’immagine che anche la Cassa Edile ha deciso di utilizzare per raccontare la sua storia, quella di un albero che affonda le sue radici nel primo dopoguerra, l’istituzione della Cassa risale infatti al contratto di lavoro del 1° Aprile 1919 stipulato tra il “Collegio dei Capimastri di Milano” e l’“Associazione Mutuo Miglioramento fra Muratori, Badilanti, Manovali e Garzoni di Milano”. Nasce per fornire sussidi ai lavoratori di Milano e Provincia involontariamente disoccupati a causa dello stato di guerra e sprovvisti di assistenza statale. Rappresenta il primo esempio di istituto assistenziale della categoria edile al quale le Casse Edili, che sono nate successivamente, si sono ispirate.

Cassa Edile di Milano, successivamente con Lodi, Monza e Brianza, è il modello più importante di relazioni bilaterali tra Rappresentanti delle imprese e dei lavoratori. Un modello che nel corso degli anni ha contribuito a far nascere altre esperienze di Enti bilaterali e paritetici. La formazione con Scuole Edili, i Comitati Paritetici Territoriali sulla sicurezza e la bilateralità dell’artigianato ne sono la dimostrazione.

Da anni le Casse Edili e la bilateralità tutta rappresentano un modello di welfare, di presidio della regolarità, di formazione e prevenzione. I tre giorni dedicati al centenario a Milano sono stati l’occasione per riflettere insieme su quanto fatto, su quanto si sta facendo e soprattutto sul futuro della nostra bilateralità. Le tavole rotonde che hanno visto il coinvolgimento delle università, delle istituzioni locali e nazionali, dei colleghi di settore europei, oltre naturalmente alle Parti sociali a tutti i livelli, sono state occasioni di confronto proficuo.

La crisi internazionale del 2008 ha messo a dura prova il settore delle costruzioni e, di conseguenza, anche il sistema bilaterale, che grazie alle azioni delle Parti Sociali ha mantenuto le sue caratteristiche di mutualità e assistenza.

Nel 2018 la Cassa Edile di Milano, Lodi, Monza e Brianza ha erogato prestazioni di carattere sanitario, scolastico e sociale a 44.434 beneficiari (lavoratori e familiari) per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro e ha corrisposto a 11.856 imprese rimborsi per trattamento economico di malattia e infortunio, oltre a premialità di vario titolo, per un valore di 2,8 milioni di euro.

Milano attrae sempre più capitali, anche dall’estero; nei prossimi 10 anni arriveranno diversi miliardi di investimenti immobiliari, non focalizzati esclusivamente sul centro storico, ma anche sulle aree suburbane. Gran parte di questi capitali sono in mano a poche importanti società immobiliari o a fondi statunitensi, australiani, qatarioti. Il punto diventa, quindi, governare questi fenomeni di trasformazione di una grande area metropolitana; dalla riconversione dell’area di Expo, alla Città della Salute a Sesto San Giovanni, al nuovo stadio, alla riqualificazione degli scali ferroviari, al prolungamento delle linee metropolitane, al ridisegno di alcuni quartieri, passando per le Olimpiadi invernali del 2026, l’impatto sarà notevole. Il PGT del Comune di Milano, fornisce indicazioni forti nella direzione del contenimento del consumo di suolo, dell’obbligo per le nuove costruzioni di essere a zero emissioni di CO2, della creazione di spazi verdi, del recupero del patrimonio edilizio degradato; resta, però, necessaria una più ampia e strutturata regia politica e noi crediamo di avere un’esperienza sufficientemente solida (come una quercia appunto) per poter dare, come sindacato e come soggetti della bilateralità edile, un contributo importante di idee e di azioni per uno sviluppo sostenibile delle nostre città. Il nostro impegno costante dovrebbe aiutare i tavoli di confronto anche ad altri livelli e fare in modo che gli stessi argomenti siano trattati in maniera adeguata, attraverso la Legge della Regione Lombardia sulla rigenerazione urbana, nelle riqualificazioni delle aree dismesse nel Lodigiano e nelle trasformazioni urbanistiche su Monza Brianza.

Enrico Vizza, FENEALUIL Milano, Cremona, Lodi, Pavia

Alem Gracic, FILCA CISL Milano Metropoli

Katiuscia Calabretta, FILLEA CGIL Milano

Durante la tavola rotonda “Milano oggi e domani: il ruolo delle costruzioni“, svoltasi lo scorso 29 Novembre all’interno dell’evento “Costruire il futuro da protagonisti. Dai 100 anni di storia della Cassa Edile di Milano verso una nuova visione della bilateralità” le Parti Sociali territoriali si sono confrontate con l’Amministrazione comunale di Milano, nella persona di Lamberto Bertolè, Presidente del Consiglio del Comune, per esporre le proprie aspettative verso la Pubblica Amministrazione all’insegna di un rapporto sempre più collaborativo e sinergico.

Di seguito il breve filmato che sintetizza le richieste, in ordine d’esposizione, di Marco Dettori, Presidente Assimpredil Ance, Marco Accornero, Segretario Generale CLAAI – Unione Artigiani di Milano e Monza Brianza, Katiuscia Calabretta, Segretario Generale FILLEA CGIL Milano, Enrico Vizza, Segretario Generale FENEALUIL Milano, Cremona, Lodi, Pavia e Alem Gracic, Segretario Generale FILCA CISL Milano Metropoli.

In chiusura l’appello all’alleanza di Lamberto Bertolè nel rispetto delle parti, dei punti di vista diversi perché il sistema che rappresenta vive e si sviluppa sul riconoscimento reciproco dei ruoli e degli ambiti di rappresentanza.

La nostra Cassa Edile è intervenuta, prima dello Stato, per dare risposte ai bisogni concreti dei lavoratori e delle loro famiglie attraverso forme mutualistiche che sono giunte persino a supportare gli operai edili nell’acquisto della propria abitazione. Nel tempo i Governi italiani si sono ispirati ai servizi della nostra Cassa Edile per definire le proprie politiche sociali.

L’intuizione delle Parti Sociali fondatrici è stata di istituire una rete di tutele e di diritti per far fronte all’alta mobilità ed alla flessibilità della manodopera del settore.

Ma c’è di più. Oltre all’aiuto economico, al supporto materiale, la nostra Cassa Edile è sempre stata portatrice di valori come la solidarietà, la sensibilità, la cura e l’attenzione per il prossimo che sono stati i veri principi ispiratori dei servizi coniati via via nel tempo.

Non dobbiamo dimenticare questi VALORI che sono da sempre stati alla base dell’ideazione e dello sviluppo dei servizi per la nostra categoria. ANZI. Dobbiamo avere l’ambizione e il coraggio di aumentare sia il livello quantitativo che qualitativo delle prestazioni per i lavoratori e dei servizi per le imprese, senza perdere di vista la sostenibilità dell’Ente.

In questi 100 anni imprese e lavoratori hanno avuto la capacità di saper fare sistema, guardando avanti e progettando un futuro migliore per sé e per i propri figli.

Ancora oggi è necessario consolidare la funzione primaria della Cassa Edile in qualità di Istituzione in cui ha luogo la mutualità e la certezza dei costi per le imprese, parallelamente alla complementarietà ed all’integrazione della legislazione sociale per i lavoratori.

La nostra Cassa Edile ha la fortuna di operare in un territorio, ovvero quello di Milano, Monza e Brianza e Lodi, che, nonostante la crisi, ha mantenuto livelli di produzione sostenibili e proprio per questo deve essere VOLANO di idee e di nuovi stimoli per il settore, un luogo d’incontro per le proposte delle Parti sociali che sappiano abbracciare sia il breve che il lungo termine.

Il mercato delle costruzioni è in continua evoluzione: l’edificazione del nuovo sta lasciando sempre più spazio alla riqualificazione urbana ed alla valorizzazione del patrimonio esistente. Anche in questo ambito Cassa Edile può svolgere un ruolo determinante: grazie alla sua natura paritetica potrà diventare sempre più un luogo privilegiato di interscambio di informazioni tra Enti pubblici e operatori privati.

Cassa Edile è riconosciuta, inoltre, come presidio di legalità: il contrasto al fenomeno del dumping fra le imprese consente a queste ultime di chiedere il GIUSTO per pagare il GIUSTO alle proprie maestranze e di dedicare risorse alla sicurezza sui luoghi di lavoro e alla crescente qualificazione dei propri lavoratori.

Un importante aiuto alla legalità potrebbe provenire dal ripristino del DURC nella sua forma originaria, con l’ausilio dell’attivazione della congruità.

Nella nostra Cassa, proseguendo percorsi già avviati da precedenti Presidenze, stiamo implementando processi di digitalizzazione e modernizzazione, intesi come maggior semplicità di accesso ai servizi per imprese e lavoratori, senza però dimenticare la natura del contatto umano, fondamentale per la nostra cassa.

La crisi, vista come opportunità di cambiamento e l’adeguamento ai nuovi dettami contrattuali ci hanno imposto di rivedere processi e decisioni, un percorso che ha rimesso al centro i bisogni di lavoratori e imprese.

[…]

Il lavoro fatto rappresenta una tappa importante, di cui tutti noi andiamo fieri.

E quando affermo “tutti noi” mi riferisco, non solo ai lavoratori e alle imprese del settore, ma penso in particolare a tutti i sindacalisti e agli imprenditori che hanno creduto in questo sistema, lo hanno costruito, lo hanno fatto crescere ed evolvere, e penso anche a tutti i dipendenti della Cassa Edile – in forza e che si sono succeduti – i quali, con spirito di servizio e appartenenza, hanno dato il loro contributo.

In un mondo dove il sistema sindacale e imprenditoriale ha cambiato radicalmente pelle, resta per noi l’insegnamento dell’importanza del valore di condividere un progetto comune, che non perda mai di vista il benessere dei nostri assistiti.

Rivivere la storia del nostro Ente ci inorgoglisce e allo stesso tempo lancia la sfida dei giorni nostri, in quanto si tratta di un passaggio importante, che più che un punto di arrivo rappresenta un nuovo punto di partenza.

I cento anni sono una tappa, una ricorrenza … sta a noi la forza e la volontà di rilanciare l’intuizione delle Parti fondatrici.

[…]

Buon lavoro a tutti!

Cento anni. Un secolo.

Dopo la fine della prima guerra mondiale prende forma la prima Cassa Edile d’Italia.

Un traguardo importante per imprese e lavoratori e per il ruolo sociale del lavoro sancito dall’articolo 1 della costituzione repubblicana.

Un lavoro, quello edile (dal latino aedes che significa tempio e casa) tra i più belli del mondo dove il cuore dell’attività è il cantiere.

[…]

Il cantiere è “il luogoper eccellenza dell’incontro, del confronto, dello scambio di opinioni, della condivisione senza barriere e distinzione di pelle, di ceto sociale o di religione. Il cantiere è inclusivo, è colorato, è dinamico ed è, in questi tempi soprattutto, un modello da seguire in tema di accoglienza. […]

Chi sa già fare o chi ha voglia di fare e di imparare sa che troverà terreno fertile nel cantiere.

Dobbiamo, però, aprirne di più, farli durare meno e renderli più sicuri. Ne va della nostra credibilità.

Il nostro è, infatti, un contratto assai oneroso, non sempre assistito da adeguati risultati. Gli incidenti mortali e gli infortuni, infatti, non diminuiscono e la fuga verso altri contratti, più convenienti, è copiosa se si è assaliti dal rischio di chiudere la propria azienda o di non essere in grado di pagare stipendi e fornitori o se si è interpreti di concorrenza sleale.

Dobbiamo, quindi, pensare strumenti di controllo più efficaci che forse, ma probabilmente è un’utopia, possano rendere più “leggero” il nostro contratto rispetto a quello di altri settori a noi vicini.

Penso al contratto di cantiere o all’implementazione di quei meccanismi di incrocio dei dati tra Comuni e Casse Edili che stentano a partire seppur cristallizzati da anni nei Regolamenti edilizi.

Bisogna pensare al cantiere e produrre meno carta. Le imprese e i lavoratori delle imprese sono oberati dalla carta e dagli adempimenti. Ma i margini si fanno con le opere non con la burocrazia e con i documenti.

Burocrazia che frena gli investimenti, soprattutto quelli stranieri, e che non ci dà infrastrutture adeguate.

Lavori pubblici e bandi che non si traducono in cantieri schiacciano le nostre piccole e medie imprese […] insieme a provvedimenti come Progetto Italia che meriterebbero ricorsi ad Autorità regolatorie del mercato e della concorrenza. Ci sono interessi di serie A e interessi di serie B. Ci sono imprese di serie A e imprese di serie B. […]

E non dimentichiamoci della responsabilità solidale dove le imprese che pagano le tasse devono sostituirsi allo Stato in qualità di controllori asseverando e rendendosi responsabili in solido di inadempimenti non loro.

Aggiungiamoci anche il probabile arrivo del reverse delle ritenute dove la carta aumenterà ancora a dismisura ma, soprattutto, la crisi di liquidità attanaglierà le imprese per il divieto di compensazioni che tale norma impone.

Altre vessazioni incomprensibili sono quelle che riguardano l’obbligatorietà della trascrizione dei contratti preliminari per gli immobili in costruzione o l’imminente entrata in vigore degli indici di crisi per i bilanci delle imprese che non è nient’altro che un freno alle nuove imprese, alle start up, alle nuove generazioni.

Come può un nuovo imprenditore, di questi tempi un eroe, avere tutti gli indici patrimoniali a posto all’inizio di un’avventura che sui manuali di economia aziendale è consacrata come “rischio di impresa”?

C’è un disegno per distruggere i piccoli e credo che gli amici artigiani possano testimoniare tale indirizzo nefasto per la nostra economia fondata da sempre, anche per ragioni storiche, su piccole imprese.

In questo quadro disarmante, dove molte volte mi sono chiesto se i corpi intermedi, così come strutturati, hanno ancora ragione di esistere, siamo in un luogo e in una città che funzionano.

[…]

Milano mi è cara perché ci sono nato e perché mi ha dato un lavoro prezioso. Milano è la città delle sfide visionarie di Don Gino Rigoldi, dove la periferia e l’attenzione ai più deboli crea quell’energia che fa bene a tutti. Milano che non butta necessariamente dalla finestra le cose buone fatte da una parte politica se poi sale al potere un altro schieramento. Milano dove Expo e Olimpiadi sono importanti come moda e design ma dove la società civile conta di più. Milano che accoglie: chi studia qui di solito, spesso, qui trova un lavoro.

Il problema è, però, un altro. Saprà Milano mantenere questo ritmo di crescita con un’Italia che arranca?

E lo stesso interrogativo vale per il nostro Ente.

[…]

La Cassa Edile di Milano, Lodi, Monza e Brianza nasce il 1° aprile 1919 e rappresenta il primo vero esempio di sistema contrattualmente definito tra Associazioni imprenditoriali e Organizzazioni sindacali di lavoratori.

[…]

Quello che ci tengo a sottolineare e che mi è rimasto impresso sin dagli inizi, sin da quando cercavano di spiegarmi che cosa fosse la Cassa edile e che cosa rappresentasse, è la straordinarietà dell’esistenza di un organo di questo genere capace di mettere intorno ad un medesimo tavolo soggetti con interessi in parte ovviamente differenti che, però, sono sempre portati, tramite discussioni costruttive, ad un fattor comune.

Ed il fattore comune qual è?

Il fattor comune è il benessere e il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita di tutti noi. Il lavoro svolto dalla Cassa insieme alle Istituzioni e agli Enti pubblici preposti è finalizzato alla promozione e alla diffusione della legalità e della trasparenza tra tutti gli operatori del nostro settore; un settore, purtroppo, a volte caratterizzato da un elevato indice infortunistico e da alcune situazioni che possono prevedere l’impiego di manodopera irregolare. Si tratta, quindi, di un organo con importanza centrale.

Ho avuto la fortuna – vi racconto brevemente la mia esperienza personale – di far parte del Comitato di Gestione della Cassa per qualche anno ed ho davvero riscontrato tutto ciò nella pratica. […] Spesso c’erano discussioni, pareri diversi, […], però il fatto di essere seduti tutti attorno ad uno stesso tavolo permetteva alla fine, con un dialogo costruttivo, leale, trasparente di arrivare ad un risultato condiviso.

Oggi Cassa Edile di Milano, Lodi, Monza e Brianza eroga assistenze a più di 44.000 beneficiari per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro, mentre per quanto riguarda, invece, la parte di aiuti alle imprese, il valore dei sussidi per trattamenti economici per malattia e infortunio, oltre alle varie premialità che vengono erogate, raggiunge un valore che supera i 2 milioni di euro. Sono dei numeri assolutamente importanti che ne dimostrano il ruolo fondamentale. Svolge, poi, ovviamente l’attività di verifica della regolarità contributiva, dei sopralluoghi nei cantieri, del recupero dei contributi non versati. Tutto ciò – parlo da imprenditrice che si confronta spesso con la Cassa – con tempi assolutamente e veramente celeri che sono molto importanti per chi lavora e ha bisogno di operare nei tempi. Tutti esempi – e questo penso sia proprio l’obiettivo di questa Istituzione che oggi compie cent’anni e che senz’altro ne avrà altrettanti davanti a sé, […] – di come la Cassa cerchi di lavorare per un mercato più giusto, un mercato più leale, un mercato che possa essere di esempio per il futuro e per i nostri figli.

Grazie mille.

Ripercorriamo rapidamente, in 10 passi, i primi 100 anni di storia della nostra Cassa Edile:

1919: la nascita con l’intento nobile di fornire sussidi ai lavoratori di Milano e Provincia involontariamente disoccupati a causa dello stato di guerra e sprovvisti di assistenza sociale fornita dallo Stato.

1929: la preoccupazione principale della Cassa è, sin dall’origine, prendersi cura della salute dei suoi lavoratori e dei loro cari. Attua, quindi, delle misure in grado di dare riscontro concreto ad uno dei timori più sentiti dalla comunità: la paura di non potersi permettere delle spese mediche in caso di bisogno.

1945: nonostante il periodo di inattività pressoché totale (dal 1939 al 1945) la Cassa non si estingue; anzi resiste ed il contratto collettivo le dà nuova forza affidandole l’incarico di gestire l’importante servizio di cumulo per ferie e gratifica natalizia.

1947: la prima assistenza nata in Cassa Edile fa la gioia dei più piccoli che possono trascorrere un periodo di vacanza al mare completamente spesato.

1949: è terminata la seconda guerra mondiale. La città di Milano è da ricostruire. La Cassa progetta e costruisce la “Casa del Muratore” non come semplice punto di appoggio per i lavoratori provenienti da altre città ma come punto di aggregazione e di elevazione sociale. Qui si può imparare a vivere in comunità nel rispetto delle regole e a migliorare il proprio livello di scolarizzazione.

1953: quando gli edili vengono esclusi dal Piano I.N.A. Casa, altrimenti noto come Piano Fanfani, la Cassa si adopera affinché chi costruisce case per gli altri possa poter beneficiare di una casa tutta per sé. Il progetto prevede anche la disponibilità di negozi ed un servizio di assistenza sociale per gli abitanti.

Anni 60: visto l’apprezzamento delle prime assistenze “collaterali” istituite, la Cassa ne crea di nuove, tra cui le borse di studio per i figli dei lavoratori. L’obiettivo della Cassa è offrire sostegno economico con tempestività, nel momento in cui il bisogno è maggiormente sentito.

Anni 70-80: il sistema delle assistenze è ormai ampiamente collaudato; Cassa Edile lo amplia basandosi sulle esigenze più percepite nel periodo storico di riferimento. Grande impatto hanno le prestazioni di carattere sanitario che riprendono lo spirito originario della Casa di Cura San Luca.

Anni 90: crescono le assistenze soprattutto in campo sanitario. Lo spirito solidaristico resta alla base dell’individuazione e della progettazione del piano di previdenze assistenziali offerto da Cassa Edile ai suoi iscritti.

Oggi: tanti i riconoscimenti raccolti nel corso degli anni, l’ultimo in ordine di tempo è l’attribuzione della competenza alla verifica della regolarità contributiva degli operatori di settore (DURC) per consentire alle imprese di operare a parità di condizioni e nel rispetto delle regole di mercato.

 

 

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